Ho conosciuto Emanuele Giudice all’inizio del mio ministero sacerdotale, nel 1981, quando ero vicario parrocchiale nella chiesa madre San Giovanni Battista di Vittoria. Da allora è iniziata un’amicizia mai interrotta, che si è consolidata in tante forme di collaborazione, la più importante delle quali fu la promozione a Vittoria della prima scuola di formazione politica, intitolata a Giuseppe Lazzati: un’esperienza molto positiva, che coinvolse un centinaio di persone, oltre che relatori del calibro di padre Bartolomeo Sorge. Da allora fu tutto un susseguirsi di collaborazioni per conferenze, dibattiti, presentazione di libri suoi o miei, impegni ecclesiali e culturali di vario genere.
È sotto gli occhi di tutti quanto Emanuele Giudice ha fatto sul piano sociale, politico, culturale. La sua vita è stata costellata di numerose esperienze di servizio, che lo hanno visto impegnato anche come presidente della provincia e vice-sindaco di Vittoria. In questi servizi egli si è contraddistinto per la rigorosa coerenza morale, oltre che per la specifica attenzione ai poveri, agli “ultimi”, a quelli che oggi Papa Francesco definisce come le vittime di una “cultura dello scarto”. Era questa la motivazione più nobile della sua appartenenza alla sinistra democristiana, della quale fu per lunghi anni uno dei leader più autorevoli. Notevole è stato anche il suo impegno ecclesiale, che è cominciato nella parrocchia del Sacro Cuore, sotto la guida di quel santo primo parroco, che fu monsignor Salvatore Gurrieri.
Emanuele si impegnò subito tra i giovani di Azione cattolica, nelle file della Fuci, nel Meic. Fu anche presidente diocesano di Azione cattolica. Per tantissimi anni fu collaboratore di “Insieme”, curatore di una rubrica che era sempre molto seguita dai nostri lettori, perché esprimeva, con rigorosa coerenza logica, il disagio sociale sofferto da tanti, a causa di una politica che il più delle volte se ne infischiava del bene comune. La sua era una fede vivace, appassionata, che conosceva anche l’oscurità, l’interrogativo lancinante, nell’ottica di una ricerca continua, che faceva pensare al concetto agostiniano, secondo cui dobbiamo cercare sempre la verità, continuando a cercarla anche dopo averla trovata. Nei suoi scritti, e in particolare nelle sue poesie, emergeva la luce di questa fede, che balenava in mezzo alla sofferta angoscia per le sorti dei poveri e dei sofferenti di ogni specie Era questo che lo portava anche a provare, sovente, una palese indignazione morale, che non era la rabbiosa protesta o la sterile, sloganistica denuncia priva di proposta. Era più esattamente il coraggio di sentirsi offeso nella sua coscienza di cristiano tutte le volte che constatava il calpestamento dei diritti e il soffocamento della giustizia.
Addio, carissimo Emanuele! Grazie per quello che ci hai donato nel corso della tua vita. Godi ora il riposo eterno nell’abbraccio della misericordia del Padre.
Mario Cascone