Laura, te ne sei andata così, in punta di piedi, paga dei tuoi silenzi, avvolta nella tua discrezione e misura, disincantata davanti a ogni possibile tentacolo della vita.
Noi invece restiamo sempre aggrappati alla nostra voglia di continuare e di spremere dalla vita tutte le sue lusinghe, di accoglierne le contraddizioni e le illusioni, sperando di tradurle in unguenti capaci di sanare le ferite che ostinatamente affliggono la nostra esistenza.
Ora però prevale la sorpresa e il dolore, il senso radicale del definitivo e dell’irreparabile, la percezione di una solitudine che non si può colmare.
Siamo soli davanti alla nostra esile filosofia della rassegnazione che dovrebbe fare da rimedio consolatorio e invece mostra la sua precarietà e insufficienza.
Abbiamo conosciuto una donna di rara eccellenza umana, dotata di una preziosa capacità di leggere il nostro tempo, di scoprirne le antinomie, scavando nel cuore della realtà e mettendo a disposizione di tutti i suoi talenti. Ci sentiamo più marginali ed esposti ai rischi della vita e meno capaci di affrontarli. Dopo la lunga e irripetibile testimonianza di educatrice, Laura si era dedicata alla scrittura critica e narrativa. L’aveva fatto con quel piglio sicuro e forte che ci era noto e con la consapevolezza, – lei che ora rimane nostra creditrice di gratitudine – di avere un debito da pagare a noi tutti. La sua passione del vivere, il suo talento di letterata, la sua testimonianza di docente, la sua delicatezza di sentire, avevano fatto di lei una protagonista della vita culturale della città offrendoci un segno eminente della sua passione civile, sociale ed umana. Ci rimane solo per esprimere la nostra gratitudine, il gramo compenso del nostro dono di parole, scarne e poco significanti, rispetto quello che una donna come Laura Andronaco avrebbe meritato.
Ora possiamo solo dirti grazie Laura, balbettando e sussurrandolo alle tue orecchie per non mortificare la tua ritrosia, il tuo schivo e delicato star lontana da ogni eccesso, da ogni tentazione retorica, da ogni enfasi celebrativa.
C’è solo la nostra memoria, forte nella sua capacità evocativa e capace di darci la sensazione illusoria del continuare, vincendo l’assurda definitività della morte.
Grazie ancora e per sempre, Laura.